Inserzionisti - Il vostro annuncio è davvero accessibile a tutti?

Shelby Akosa, VP Global Growth, ed Elisabetta Pozzi, Country Sales Manager, ci parlano della bassa percentuale di annunci attualmente accessibili e di come e perché gli inserzionisti devono fare di meglio

10 marzo 2023

Quando Shelby Akosa, vicepresidente di Peach per la crescita globale, si è recata al festival di Cannes l'anno scorso, ha notato che molti degli interventi erano accompagnati dall'interpretazione del linguaggio dei segni, mentre l'agenda del festival era fortemente incentrata sulla diversità e sull'inclusione in generale. È interessante considerare che nel Regno Unito, dove l'associazione RNID stima che 1 persona su 5 soffra di perdita dell'udito, solo il 20% dei contenuti è sottotitolato. Il numero di contenuti con audio descrizione è ancora più basso, il che significa che gran parte di essi è inaccessibile per i non vedenti e gli ipovedenti. 

La maggiore accessibilità può avere due forme: i sottotitoli, per chi ha problemi di udito, e le audio descrizioni per gli ipovedenti. I sottotitoli, noti anche come didascalie chiuse (closed captions), si basano su un testo scritto. "Le didascalie chiuse non sono sovraimpresse sul video e richiedono un'attenzione e una competenza specifiche per assicurarsi che rispettino il testo originale, ma non si sovrappongano a immagini e informazioni che possono essere cruciali per il messaggio. Può essere utilizzato  anche un codice colore specifico", spiega Elisabetta Pozzi, Country Manager di Peach per l'Italia. 

Le audio descrizioni sono più lunghe e soggettive, in quanto richiedono la produzione di un file audio che può essere attivato e disattivato. Le audio descrizioni sono anche più creative e richiedono notevole attenzione ai dettagli per garantire che vengano comunicate le parti giuste dell'annuncio e che venga utilizzata una voce adatta a rappresentare il brand. In questo caso è fondamentale che la sceneggiatura sia corretta.

Shelby, che fa anche parte del comitato direttivo di Adtext, una joint venture con Peach, che fornisce sottotitoli alle emittenti, afferma: "I nostri dati mostrano che nel Regno Unito 1 persona su 6 utilizza i sottotitoli, ovvero 10,9 milioni di persone o il 17% della popolazione". Si tratta di un numero significativo, soprattutto se confrontato con la scarsità di contenuti sottotitolati. Elisabetta osserva che: "Negli anni è cresciuta l'esigenza di campagne più accessibili a utenti diversificati. In Italia, almeno il 10% della popolazione ha problemi di udito. Guardano la TV e normalmente non hanno accesso alla pubblicità mentre guardano un programma sottotitolato, ma sono consumatori come il resto della popolazione".

I sottotitoli non sono solo per i non udenti. Sono essenziali quando c'è molto rumore, come in un bar o in una sala affollata. Sono necessari quando è richiesto il silenzio, come nei ricevimenti. I sottotitoli sono molto utilizzati anche dalle persone che vivono in famiglie multiculturali, dove l'inglese potrebbe non essere la prima lingua di tutti. 

Nel Regno Unito, la sottotitolazione esiste dagli anni 2000 e Peach ha lanciato Adtext insieme a The Mill  nel 2008. Grazie alla piattaforma Peach è possibile inserire sottotitoli nel Regno Unito, in Irlanda, Francia, Brasile, Australia e Nuova Zelanda. In Canada i sottotitoli sono obbligatori. Il resto del mondo è piuttosto indietro. "Non tutte le emittenti e non tutti i Paesi sono pronti a lavorare con i file specifici necessari per fornire i sottotitoli per non udenti. La tecnologia deve essere pronta a gestire i file. In Spagna e Svezia stiamo facendo i primi passi con le emittenti", aggiunge Elisabetta. Anche il Giappone si sta muovendo verso la sottotitolazione e Peach è in procinto di facilitare il processo per le agenzie creative e gli inserzionisti. 

"Il motivo per cui i sottotitoli non sono sempre presenti nella pubblicità è legato a diversi tipi di contenuti. La pubblicità per bambini non viene sottotitolata perché potrebbero non essere in grado di leggerla. I trailer dei film sono raramente sottotitolati e questo potrebbe essere dovuto al volume dei trailer o alle considerazioni sul tipo di pubblico che frequenta il cinema. Alcuni inserzionisti scelgono di non farlo perché molte informazioni sono già disponibili sullo schermo", spiega Shelby. 

aContinua: "Una cosa che gli inserzionisti possono fare per comprendere il valore dei sottotitoli è guardare gli annunci con l'audio spento; è un'ottima cartina di tornasole. Quanta comunicazione riesce a passare con le sole  immagini? Se non si riesce a capire cosa sta succedendo solo con l'audio, si dovrebbero aggiungere i sottotitoli agli spot". Gli inserzionisti oggi devono valutare l'effetto che faranno i loro spot se e quando una persona che avrà i sottotitoli attivati il  loro annuncio apparirà come l'unico senza sottotitoli tra quelli sottotitolati; è probabile che ciò influisca negativamente sulla percezione del marchio in un momento già precario. 

C'è da chiedersi perché i sottotitoli non siano già più presenti, soprattutto quando nei mercati britannico e francese questa pratica "consente di raggiungere un ulteriore 10% di pubblico", secondo Elisabetta. Shelby sostiene  che il più delle volte si tratta di budget di produzione. "Quello che riscontriamo è che a volte  l'inserzionista vuole farlo, l'emittente è pronta ad accettare i sottotitoli, ma il pezzo mancante è il budget di produzione per realizzarli. La sfida, a mio avviso, è che i brand si assicurino che ci sia inserita una voce nel budget fin dall'inizio - non alla fine - per garantire che lo spot che si sta realizzando sia accessibile a tutti".

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